Fuori-corsa d'ascensore
decapitata torre
delle nostre architetture
irta di antenne
imbullonate sopra pali rugginosi
verticali grazie a un groviglio di tensori
che si aprono a tenda, a ragnatela
inchiodati sul perimetro terrazzato
dell'ultimo livello edificato e
in mezzo al metallo, sopravvissuto ancora, un merlo
protetto come nel roveto di un biancospino
trova il varco per poggiarsi più in alto
nel pomeriggio grigio
e di lì ripete il canto
che lo decreta feudatario
dell'isolato urbano.
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