domenica 15 giugno 2014

CXXXVII


(una storia come un'altra...,
il poeta che strana creatura!).

Torno passeggiando in luoghi cari,
nella luminosa giornata
ecco la prima scoletta e quella casa,
domus d'Icilio d'Aventino.

I poeti creature straniere
addossate al tormento,
il pensiero è alla Luna
la memoria è nel nulla.

Le medie giù, sul lungofiume,
tanto d'altro,
immacolate immagini 
di intenta giovinezza.

Lo strappo soltanto poi
un digrigno alla vita,
o tigre o iena o puma
Inebriato del suo sangue.

E demone, stizzito d'aver smarrito
l'identità primaria,
portatore di luce annegato
la sua bara l'universo.

Mi risvegliai per gioco,
per gioco divino mi ricordai di me,
gridai agli specchi d'una catacomba
il mio coraggio ed una sfida.

La voce del Silenzio
mi trascinò lassù,
per guida la Verità 
e un acrobatico ingegno.

Nel Giardino degli Aranci, su di un colle,
passeggio indossando questo corpo.
Per tappeto la ghiaia
per soffitto più nulla.

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