lunedì 16 giugno 2014

de l'ALCOLISMO

Una traccia per l'incontro sui Procedimenti abilitativi nel Programma di A.A. 
riletti in sequenza.


L'ASSERVIMENTO ALLA MENTALITÀ.

Chiusura alla socializzazione nei campi del confronto relazionale, sotto ogni aspetto,
culturale, affettivo, politico, religioso e via dicendo.
Questo comporta all'alcolista, di fatto, l'emarginazione o l'auto-esclusione, che 
sfociano nella ideologia inconsapevole del fondamentalismo delle idee, come
conseguenza all'isolamento e alla solitudine.
Tutto ciò costituisce la motivazione che comporta la MENTALITÀ CHIUSA che
caratterizza i comportamenti di relazione sociale tipici dell'alcolista.

LA SCOPERTA DELL'INTELLETTO.

Quando questa scoperta si manifesta a seguito della scelta di sobrietà da parte 
dell'alcolista (che consiste nel non bere alcol un giorno alla volta), iniziano a 
manifestarsi, a individuarsi, a prendere corpo atteggiamenti che si traducono
in veri e propri comportamenti che inducono l'alcolista stesso al confronto, alla 
condivisione, alla collaborazione costruttiva con i diversi da sé: si tende al 
conoscibile, che si può condividere soltanto se si socializza con tutti.
In pratica qui risulterà assicurato il diffondersi, per i singoli nel gruppo, di una
vera e propria crescita spirituale che, all'esterno del gruppo ed una volta che 
ci si sente slegati, evasi dalla lettura scorretta perché offuscata dalla sostanza,
evasi dalle storture caratteriali che discendono certamente dalla mentalità,
quanto meno poco elastica, acquisita precedentemente, nel periodo così detto
attivo, una crescita spirituale, dicevo, che risulterà quanto meno benefica.
Tale nuovo atteggiamento, che chiamerei culturale, acquisito o, per meglio dire,
conquistato, con sofferenza e dolore, con la frequenza assidua dei gruppi e con
l'ascolto attento, soprattutto, delle testimonianze che si praticano nelle riunioni
fra alcolisti, porta infine questi a prendere in seria considerazione l'ipotesi di
essere in realtà un soggetto pensante, che è anche ed ormai in grado di passare
oltre le distorsioni mentali acquisite in precedenza per approdare, a pieno titolo,
al contesto ampio dei soggetti che stabiliscono serene e durature relazioni con
la collettività tutta, ricevendone benefici fin da quando si inserisce o reinserisce
in questa collettività.

L'APPRODO ALLA COSCIENZA DI SE'.

Il distacco dalla MENTALITÀ sopra illustrato, mentalità spinta talvolta, anzi spesso,
fino all'ottundimento indotto dalla continua ed irrefrenabile ingestione di alcolici, può 
suggerire al praticante dei gruppi di auto-aiuto la sempre negata accettazione di
essere alcolizzato (una vera e propria condizione di anestesia totale, del fisico e 
della mente), il riconoscimento della propria malattia che conduce il soggetto alla
ammissione della propria impotenza riguardo alla gestione equilibrata di qualsivoglia
sostanza alcolica.
Ciò che è stato detto conduce quasi sempre al riconoscimento, alla ammissione della
propria completa impotenza nei confronti della sostanza e può portare alla decisione
determinata di non assumerne per 24 ore a volta, un giorno alla volta insomma, come
è usuale dire nei gruppi di recupero.
Questo è il PRIMO PASSO del programma e deve essere praticato con successo 
continuativo prima di passare agli impegni richiesti dai successivi 11 Passi che,
insieme al primo, costituiscono il Programma di A.A. (Alcolisti Anonimi) e che mirano
alla abilitazione, o riabilitazione, ad iniziare un percorso spirituale, oltre che culturale,
che li veda finalmente artefici attivi positivamente della propria vita.
Concludendo, lo scopo di tutto quanto questo consiste nella trasformazione in mister
Hide di un sembiante dr. Jechkyll, inadatto anche alla mera sopravvivenza fisica.
Ultima personale annotazione ha per oggetto la presupposizione che investe i 
recuperandi ed i recuperati (pur sempre pro-tempore, le 24 ore di astinenza vanno
protratte per l'intera vita e una ricaduta nel problema è pur sempre possibile) che, in
realtà non esistono, si rimane sempre recuperandi cioè, a dirla tutta, la presupposizione
dicevo, in ragione della quale si pensa nell'ambito che solo un alcolista può capire un
suo compagno di sventura (o di avventura, dipende dai punti di vista), un altro 
alcolista.
E debbo dire che a quella imperiosa affermazione aderisco appieno per la mia esperienza;
ma, per quanto si vuole, ci si può rispondere che tutto è relativo, in questo mondo.
Basta non prendersela anche se si ritiene di essere dalla parte della ragione, magari
contro affermando per celia che per me invece tutto è assoluto, in questo mondo, e
provare a dimostrarlo, certi che la crescita risiede unicamente nel confronto, Grazie.

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