venerdì 23 maggio 2014

Lettera aperta.

Hai rappresentato e rappresenti, so quanto, l'anello mancante; proprio uno
di quelli che si fissano a muro per legare bestie da soma.
Il muro è l'Assoluto.
Per la seconda volta mi sottoponi all'esame dell'identico rebus, il
complesso di Edipo, il fondamento delle intemperanze nei rapporti
con la donna, cioè l'eccessiva considerazione; ed in quelle con l'uomo, cioè
considerazione scarsa o assente per la originaria rimozione.
Una prima condizione, tre anni fa, rivelò intenzioni assassine, esito di
invenzioni straniate, perché amo il teatro, ma non tocco una mosca.
La condizione manifesta mi impedì di viaggiare, intendevo accompagnarmi
ad un coltello: intendevo, cioè, prevalere su la figura del padre
per avere il possesso della terra /madre. Io, figlio di dio.
Negli ultimi mesi ripeteste la trappola, volevate rassicurarvi che avessi compreso;
tu, analista/madre, e lui, che ti ha ispirata e difesa nel gioco,
trascendente le capacità di offesa delle quali disponevo.
E, ancora cocciuto, ancora ingordo, ancora infantile, agivo inerme.
Erano per te la rosellina rosa ed il confetto bianco: ti sosteneva nei miei attacchi
egoici, ti dava modo di costruire il suo ruolo per me; ma non volli sentir 
ragioni.
Avanzavo,inflessibile, contro di lui.
Quel peccato di superbia non si sarebbe sciolto con trenta giornate
di trattamento obbligatorio, potendo, il ciclotimico che tende all'assoluto,
optare impertinente tra follia o padre, tutto è dio. Ma follia è competizione,
entrare nella luce è amore, chiarezza, consonanza con le vibrazioni dell'energia.
Una volta ancora  mi ha lasciato scegliere da che parte stare,
ma, questa volta, mi ha elargito il tuo aiuto.
Grandi.

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