martedì 27 maggio 2014

LXXXI


Ed alberi e lampioni e siepi e striscie d'asfalto all'Università, 
sfacciata facciata, le mie lenti la dipingono rosa.

Rimbalza la tua voce ancora, rimbalza rotonda,
tra le pieghe di pensieri nitidi, a lunga previsione.

Circondate da buio, quanto basta a risaltar smaglianti.
E, nel confronto tra il dubbio ed il sicuro, lastre ondulate ad estrema riflessione,

stabili radiatori di lucenti vibrazioni che imbiancano di chiarezza tutto,
immaginifiche trame intrecciate a 
strati, in cavi di lega dove rifulge l'oro,

conduttori cartesiani di energia pulita che vanno a distendersi,
trasportando la luce ai nodi delle tempie.

Così diffondono quel calore che scioglie anche l'oblío,
restituendo, alla coscienza, la purezza che cercavo,

vigile sempre a non commetter l'errore che trascina a fondo,
come ombra che scompare nella tana.

La tana è scavata nel tetro della mente,
nel lugubre teatro del tarlo, e da lì si esprime tra l'incerto e il falso.

Questa è la mia follia; ed il tuo amor la sposta, lontana,
appesa ad un gancio da macello.

Testa di bisonte che percuoti le pareti
lasciandomi a schiarire nel Silenzio

sul picco della gioia per la Vita.
Disteso come cielo, che ho dintorno.

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