Dovevo sentirti, ho avuto un attimo
di disorientamento
quando capivo che, di nuovo,
il lastricato lucido di nebbia
rappresa e sospesa
dell'immagine mia evanescente
si srotolava ripido
sotto piedi malfermi
dimentichi di portarmi eretto.
Ho ceduto senza ritegno
attirato dal ridondìo di cozzaglia di lame
che al fondo suonava
segnale di scontro inumano
che raggiungevo, votato.
E piombavo, nel centro,
scagliato lì da spropositata catapulta
a ritrovare dimensioni opportune
al mio urto possente
ed all'urlo
dimentico di astrazioni passate.
Ed allora sfregiare lo specchio
con diamanti taglienti
derubati
alle mie fantasie.
E morirmi riflesso, colpendo, impietoso.
Quando ho chiamato te.
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