lunedì 26 maggio 2014

LXII

L'insistenza vana di approdare al tuo viso,
scoglio inospitale che il tempo si occuperà di levigare
con la sabbia della schiettezza,

affinchè il palmo di un uomo possa poggiarsi a te,
per la prima volta, se mai vorrai questo.
Il gioco inarrestabile delle tue estorsioni sottili

troppo vere per essere spontanee
troppo pudiche per essere decenti.

La fissazione per un carisma che senti di avere e forse hai anche,
forse su chi è rimasto, tua ultima illusione
che non riconosci neppure alterità.

La tua realtà che fingi, operosa, di inseguire,
quelle poche scarne figure che ancora aderiscono a te,
anche già scomparse, anche tuttora presenti,

la tua vera armatura di prostranti adulanti
forgiata di poveruomini appiccati al medagliere che ostenti,

che non hanno fuggito, per vigliacca impotenza,
l'incanto dei tuoi occhi che, anch'io, ho intravisto color dell'oro
l'incanto dei tuoi capelli che, anch'io, ho intravisto color dell'ebano.

Per vedere annegare la tua anima camaleontica
resto qui, accanto alla tua figura così consona a me,
e per non lasciare questo mare cristallino, in cui mi rispecchio orrendo.





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