Accolto dalla mamma, dalla vita,
in epoca divenuta, col passare degli anni, primordiale.
Conservo di allora il sentimento di raccoglimento amorevole
sparso sulla tavola accanto ai piatti, dentro la famiglia.
Poi, raccolto dalla vita già nuda, disteso esanime sul suo palmo,
attanagliato, sconfitto, confuso, ubriaco.
Inerme.
Poi, ancora, raccolto nella mia inadeguatezza, incapacità,
dopo tanto e tanto e tanto tempo gettato come un foglio di giornale
appallottolato su marciapiedi, su tavolacci di mescita
strappandomi in coriandoli rilasciati al vento, senza conforto di ali.
Assolto soltanto poi, molto poi, più poi che si pensi mai ed aldilà della
resistenza, inutile, superflua, stonata.
Quasi vecchio perdono la sostanza e me, e
la vita ha bussato ancora, pervicace e straniera, quanto la sua
nuova lingua, di codici, di leggi
imballati e importati
un mare di pacchi-regalo.
Il mio patrimonio. Sostituisce quello dissipato. Non c'è dolore, non c'è rabbia.
È tempo del silenzio, e mi porta per mano. Mi mostra
chi non ero,
ed il resto verrà.
Nessun commento:
Posta un commento